Riso di luna
Tornando a casa ho alzato lo sguardo e…
Tra Venere e Giove, amanti astrali e astrusi, s’insinua
stasera il riso beffardo di luna ruffiana, non di sguaio si tratta, ma di
leggero, algido e pur palese sorriso. Una amaca di luce dondolante in un blu
che più nero non si può, di traverso a interrompere la traiettoria rettilieare
di sguardi che i due disegnano. Lei in alto sontuosa, iridescente, ammiccante,
fa mostra di sé attirando sguardi concupiscenti che la distanza ingrassa, lui
sommesso, messo sotto, si gode lo spettacolo della sua bella senza però mai
neanche provandosi a sfiorarla. Che, nonostante la dominanza di genere e
stirpe, gli tocca il gradino più basso nel nostro guardo terrigno. Però c’è. Il
suo esserci fa da eco di luce alla bellezza venusiana di Lei. Ti accorgi di Lui
dopo che l’occhio carambola sulla sponda scintillante di Lei. Di questa tresca
siderale s’è fatta testimone la bianca Selene che, con la sua espressione di
queste notti, ci restituisce, esaltato, il piacere di un incontro d’amore
pudico e appassionato. E questo suo riso di luce danza intorno ai due
imperterriti, immobili sullo sfondo dello scuro infinito, e cresce al ritmo del
suo ciclo. Si fa sempre più impudico, era smorfia appena impercettibile
all’annuncio, diviene sempre più sfacciato e sfottente mano a mano che la sua
fredda superficie allarga lo specchio alla luce solare. E così i due innamorati
si lasciano girotondare dalla sua gioiosa presenza, si beano del suo sguardo
intuibile ma non visibile e al riparo di altri occhi inopportuni si scambiano
tenerezze prive di gravità.
I tre in cielo sono bellissimi, unici, isolati dal resto
dell’universo stellato, tutti presi da questo minuetto d’amour di cui pare
sentire il suono dolce e suadente. E che verrebbe di danzar con loro, ma ognuno
qui sulla Terra danza con chi può, se può, anche con se stesso.
Così se ne vanno i miei pensieri di queste sere, da quando
ho scoperto, occhieggiati e spiati i due fidanzastri per cogliere la pur minima
mossa d’acchitto, ma nulla. Loro sì che sanno essere fedeli e non ad un altro
essere bensì a se stessi, al loro Stare perché giusto, naturale e bello nella
sua eccezionale normalità.
Mi viene da pensare a quante mosse sbagliate compiamo,
compio, cercando giustezze, equilibri e sanità, senza, quasi, mai accorgermi
dell’inutilità di tanto dimenarsi, della bellezza dell’immobilità naturale e
non ottusa. Li guardo, Venere e Giove, desiderando d’essere altrove, ricascando
nell’inganno d’allontanarmi dal me stesso che solo m’appartiene con cui fare i
conti istante per istante. E allora li ri-guardo, Venere e Giove, accettando
d’essere dove sono, come sono, e accettando tutte le Venere e i Giove che mi
circondano, ringraziando per la luce che sono capaci di donarmi e che, se posso
come posso, riesco a diffondere. E anche stasera alzerò gli occhi verso di loro
e pure di lei, Luna Ridens e mi metterò in ascolto dei loro bisbigli e dei suoi
risolini.
HAUG