Prue e fusoliere
Alla metà del nostro giugno il
sole indugia lento nel suo viaggio verso il tramonto, si prende tutto il tempo
di spegnere l’oro acceso del fulgore meridiano per virare verso l’arancio prima
e il rosa poi, per liquefarsi infine porpora nell’orizzonte di un mare quasi
bianco. E prima, prima regala il suo tono caldo verso le rade nuvole che lo
guardano, e da loro la tintura riverbera nel letto appena increspato d’un acqua
protetta da braccio sottile di porto.
Con questo affresco negli occhi, e
l’occhio vigile nel suo ritmo circolare dell’alto-faro alle mie spalle, sto,
fermo. Giusto nel punto dove la pennellata arancio del sole bacia il grigio
cementizio di frangiflutti ruvidi. E in questa immobilità guardo, vedo il
muoversi dell’intorno, ho la terra alle spalle, l’acqua e l’aria di fronte e qui, nella grande
insolidità di questi due elementi, scorgo passare tracce di esistenze.
Nel breve volgere di
duemilaquattrocento secondi mi partono vicine due navi e, appena più su, due
aerei imboccano la rotta d’atterraggio. Un doppio incrocio di partenze e
arrivi, dall’acqua all’aria e viceversa. Particolare coincidenza che
s’intreccia con la partenza del sole verso il suo viaggio nottambulo. E non mi
pare per nulla un caso che l’andare e il venire, le partenze e gli arrivi siano
aranciati dall’andare del giorno e il sopraggiungere della sera. Un andamento
circolare dove la tensione centrifuga verso l’es-terno è controbilanciata da
altrettanta forza centripeta che riporta all’in-terno. In un moto e-terno.
E così ripenso alle mie partenze
ed ai miei arrivi, prima della prossima partenza. Quante volte ho creduto di
dover tramontare per poi ritrovarmi nell’alba di un nuovo viaggio e in
altrettante occasioni ho desiderato l’avvio senza immaginare l’ovvio tramonto.
È così paradossale come, pur immersi in un ciclo vitale mai fermo, non
riusciamo che poche volte a sentircene parte. Come è arduo immaginare il nostro
tramonto come necessario all’alba che segue, sempre. E non parlo di grandi
cicli, ma anche e soprattutto di minime circonferenze dell’anima le quali, se
solo prestassimo il giusto ascolto, ci riporterebbero al necessario centro del
nostro essere. Ne più, né meno.
Gioie ed affanni, paure ed
entusiasmi, sorrisi e pianti, albe e tramonti dei nostri giorni interni,
pioggie e schiarite del nostro cielo interiore da riconoscere, da apprezzare,
da custodire.
È così che mi sento, mentre
imbarco il cuore sul traghetto dalla prua a sud e accolgo l’anima sulla pista
d’atterraggio. E il sole sparisce nel mare.
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