lunedì 18 giugno 2012

TIPI DA TEPEE
24 giugno 2012
Masseria dei Monelli
Le tribù di Lupogrigio, dei Monelli, di Ortocircuito, di Sibilla e di Effetto Terra
si incontrano per provare a montare un primo grandino Tepee.
Facciamo festa in-sieme, in-campagna,in-cerchio.


mercoledì 13 giugno 2012

 Prue e fusoliere

Alla metà del nostro giugno il sole indugia lento nel suo viaggio verso il tramonto, si prende tutto il tempo di spegnere l’oro acceso del fulgore meridiano per virare verso l’arancio prima e il rosa poi, per liquefarsi infine porpora nell’orizzonte di un mare quasi bianco. E prima, prima regala il suo tono caldo verso le rade nuvole che lo guardano, e da loro la tintura riverbera nel letto appena increspato d’un acqua protetta da braccio sottile di porto.
Con questo affresco negli occhi, e l’occhio vigile nel suo ritmo circolare dell’alto-faro alle mie spalle, sto, fermo. Giusto nel punto dove la pennellata arancio del sole bacia il grigio cementizio di frangiflutti ruvidi. E in questa immobilità guardo, vedo il muoversi dell’intorno, ho la terra alle spalle, l’acqua  e l’aria di fronte e qui, nella grande insolidità di questi due elementi, scorgo passare tracce di esistenze.
Nel breve volgere di duemilaquattrocento secondi mi partono vicine due navi e, appena più su, due aerei imboccano la rotta d’atterraggio. Un doppio incrocio di partenze e arrivi, dall’acqua all’aria e viceversa. Particolare coincidenza che s’intreccia con la partenza del sole verso il suo viaggio nottambulo. E non mi pare per nulla un caso che l’andare e il venire, le partenze e gli arrivi siano aranciati dall’andare del giorno e il sopraggiungere della sera. Un andamento circolare dove la tensione centrifuga verso l’es-terno è controbilanciata da altrettanta forza centripeta che riporta all’in-terno. In un moto e-terno.
E così ripenso alle mie partenze ed ai miei arrivi, prima della prossima partenza. Quante volte ho creduto di dover tramontare per poi ritrovarmi nell’alba di un nuovo viaggio e in altrettante occasioni ho desiderato l’avvio senza immaginare l’ovvio tramonto. È così paradossale come, pur immersi in un ciclo vitale mai fermo, non riusciamo che poche volte a sentircene parte. Come è arduo immaginare il nostro tramonto come necessario all’alba che segue, sempre. E non parlo di grandi cicli, ma anche e soprattutto di minime circonferenze dell’anima le quali, se solo prestassimo il giusto ascolto, ci riporterebbero al necessario centro del nostro essere. Ne più, né meno.
Gioie ed affanni, paure ed entusiasmi, sorrisi e pianti, albe e tramonti dei nostri giorni interni, pioggie e schiarite del nostro cielo interiore da riconoscere, da apprezzare, da custodire.
È così che mi sento, mentre imbarco il cuore sul traghetto dalla prua a sud e accolgo l’anima sulla pista d’atterraggio. E il sole sparisce nel mare.